Ara sa terra, massaju, ca est ora de arare...
sabato 18 giugno 2011
Quarto Livello
"Il quarto livello" e' un libro inchiesta scritto da Maurizio Torrealta, sui rapporti tra alcuni organi dello Stato Italiano e la mafia intercorsi tra la fine della seconda guerra mondiale e gli anni novanta. Il libro prende spunto da una lista di dodici (piu' uno) nomi che Vito Ciancimino (ex sindaco di Palermo, membro di Gladio, uomo cardine tra polica e mafia) invio' a se stesso nel 1990. La lista, a detto di Ciancimino, includerebbe i nomi di uomini delle istituzione appartenenti al Quarto Livello, una struttura trasversale al di sopra della politica e della criminalita', che avrebbe gestito e indirizzato i rapporti tra mafia, servizi segreti, istituzioni della Repubblica allo scopo di perseguire e difendere "la ragion di Stato".
Benche' sia un amante dei libri noir e dei racconti di fantapolitica, avevo acquistato il libro con un certo scettiscismo, consapevole che tirare in causa livelli occulti e' un modo spesso semplice per non spiegare e affrontare i problemi, per non arrivare mai ad una analisi dei fatti.
Nella introduzione del libro curata dal magistrato Antonio Ingroia (sostituto procuratore di Palermo) si ricorda che Falcone stesso non amava usare il termine "Terzo Livello", ad indicare quella parte della politica al serivizio della mafia. Falcone infatti sosteneva l' indipendenza decisionale-politica della mafia e non credeva all' idea di una struttura "borghese" a cui la mafia "militare" fosse assoggettata. Figuriamoci quindi un Quarto Livello superiore alla politica e all' apparato militare della mafia.
Il libro in realta' non si spinge mai oltre la presentazione di fatti noti e provati e lascia al lettore il giudizio finale, sull' esistenza o meno di un simile livello di potere. Ogni capitolo e' dedicato alla biografia di uno dei personaggi della lista, il loro ruolo nelle istituzioni italiane e i loro rapporti con criminalita', massoneria, serivizi di informazione italiani e stranieri. Nel mezzo troviamo stralci di interviste al figlio di Vito Ciancimino, Massimo, che negli ultimi anni sta rendendo noti fatti (spesso da verificare) sui rapporti del padre con istituzioni e apparato criminale.
Ho letto il libro in un solo viaggio Milano-San Francisco, divorando le pagine con lo stesso interesse e bramosia con cui avevo letto Romanzo Criminale di Giancarlo de Cataldo. Qui pero' si parla di persone reali, di fatti veri, di un intreccio tra vari gruppi di potere talmente esteso e duraturo nel tempo da fare dubitare se l' Italia sia mai stata una vera democrazia.
Ne esce un quadro inquietante in cui il rapporto mafia-Stato ha giocato un ruolo chiave fin dai primi tentativi di golpe degli anni settanta (il golpe Borghese per esempio), per arrivare fino alle stragi degli anni novanta, passando per il crack finanziario di Sindona, l' uccisione di Ambrosoli a Milano, le guerre criminali degli anni ottanta. Terminata la lettura rimane un senso di disgusto e forte impotenza, l' impressione di essere di fronte ad un mostro a cento teste, capaci di ricrescere, mutare forma ed adattarsi con rapidita'.
Il presunto ruolo di parte di apparati delle Republica nelle stragi dei primi anni novanta, e l' uso delle stesse per una strategie piu' ampia, ci ricorda come fragile sia la democrazia in Italia e come i fantasmi di golpe e cospirazioni non siano scomparsi ma rimangano un aspetto della storia recente ( e forse pure del presente) della giovane Repubblica Italiana.
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