Mentre andavo a fare la spesa mi sono fermato
nel negozio sbagliato.
Il primo me lo feci a Sassari, negli anni Novanta, in uno studio che mi dicono non esista piu'. Senza molte pretese lo scelsi da un catalogo in mostra sul bancone. Per essere una cosa che dura tutta la vita non ci misi nemmeno tanto tempo a sceglierlo, consigliato nell' operazione dal fedele Ottavio, da me eletto in quegli anni all' arduo incarico di mentore su stile ed essere "cool" in genere. I soldi meli diede nonna Giovanna, piuttosto felice all' idea di regalarmi qualcosa che avrebbe fatto una cosi lunga durata. Un po' meno entusiasta fu mia madre, che fini per non parlarmi per diversi giorni. Credo fosse piu' per l' idea di essere stata scavalcata nella catena di comando, che non per la cosa in se. Rimane uno di quelli a cui sono piu' affezionato. Uno e basta, dissi a me stesso. Ma gia uscito dallo studio sapevo bene di mentire. Cosi' negli anni a seguire ne vennero altri. Alcuni fatti con una idea in testa ed eseguiti da mani esperte (la maschera fatta da Zuma a Milano tutt'ora riceve complimenti), altri frutto di un desiderio estemporaneo e impulsivo. In un pomeriggio infernale di afa e caldo nel piatto Illinois, passai di fronte ad uno studio e dopo un'ora mi trovai come per magia sulla poltrona girevole, mentre omoni in camicia di flanella a quadri tentavano di decifrare il mio accento... sara' stato forse per quello che il lavoro non fu granche' e dovetti investire poi un bel capitale per trasformare quell' opera in una mezza manica in stile giapponese (capisco ora le parole di Matteo che parlava di un grande progetto sulla schiena come di un dazio). Da dove venga questa strana attrazione per l' inchiostro e' un fatto misterioso, tutt'ora per me inspiegabile. Mi consola un po' sapere che sulla mummia trovata nelle Alpi siano stati scoperti numerosi segni sulla pelle, linee e punti. Non e' chiaro se siano il risultato di operazioni mediche, ma a me piace pensare ai primi uomini che si dilettano a coprirsi di "tribali".
Una delle cose che piu' mi affascina e' senza dubbio l' atmosfera di ogni studio. Quando ho qualche minuto libero sulla via del supermercato, mi piace fermarmi da George Hernandez (in alto nella foto) a qualche isolato da casa. Mi piace stare seduto e sentire il ronzio della macchinetta, sfogliare gli abum con le flash card, discutere del prezzo di pezzi di antiquariato degli anni cinquanta che circolano abbondanti tra un cliente ed un altro, ascoltare le storie di clienti e passanti. Una volta una guardia carceraria si mise a raccontare di una rissa in prigione finita con un morto e, mentre si faceva tatuare la madonna di Guadalupe sul petto, mostrava divertito sul suo Iphone le foto del poveretto trafitto come San Sebastiano....insomma un' umanita' varia, mai banale.
E' pur vero che alcuni posti non rendono onore ad un arte cosi' antica, ad una tradizione millenaria dai molteplici legami con varie forme espressive. Pero' di fronte alle opere di un artista vero, credo sia molto difficile resistere alla tentazione di comprarne una. Se avete voglia di conoscere alcuni degli artisti di spicco negli Stati Uniti (e nel mondo), vi consiglio di guardare la serie TV "Tattoo age" (facilmente reperibile su youtube). Le biografie artistiche di Dan Santoro, Freddy Corbin, Grime, Troy Denning e Mike Rubendal sono presentate in puntate da tre episodi ciascuna (se avete fretta guardate almeno Grime e Corbin!). Concluso il primo episodio so gia' che prenderete il telefono per prenotare ansiosi la prossima seduta dal vostro tatuatore di fiducia...
Spezzone extra: Freddy Corbin tatua gratis
in India i giovani del posto
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