Il 29 Febbraio 1996 terminava il piu' lungo assedio dell' epoca moderna, l' assedio di Sarajevo. Le truppe Serbe tennero sotto controllo la citta' per cinque anni, bloccando l' arrivo di viveri, medicinali, gas, acqua ed elettricita'. La citta' piombo' in uno stato medievale e i suoi abitanti dovettero imparare subito a sopravvivere con poco o niente. Un tunnel sotterraneo nei pressi dell' areoporto era l' unico contatto con il resto del mondo. 10000 morti, 56000 feriti. Il collettivo di artisti FAMA creo' una semi ironica "guida Michelin" per sopravvivere all' assedio, che da un' idea di quanto gli abitanti di Sarajevo dovettero sopportare.
Ci vollero quattro anni, prima che le "potenze occidentali" si muovessero e liberassero la citta' dall' assedio bombardando le postazioni Serbe sulle colline circostanti. La resistenza degli abitanti di Sarajevo (Bosniaci, Croati, Serbi... si anche Serbi) rimane per me un esempio immenso di caparbieta', sacrificio e in qualche modo un inno alla vita.
Nel Luglio del 2005 pedalai da Trieste a Sarajevo, passando attraverso la Bosnia rurale. Arrivai a Sarajevo da Sud, percorrendo la strada che unisce la citta' con Monstar. Vivendo a Trieste avevo sempre sentito il vicino confine con la Slovenia come un richiamo affascinante. Si poteva pedalare pochi minuti e si entrava in un mondo diverso, per lingua, cucina, tradizioni. Sul Carso, mi capitava spesso di passare vicino alle vecchie postazioni dell'armata Jugoslava e ogni volta mi veniva da pensare alla guerra iniziata nel 1991 e a come un massacro di quelle dimensioni fosse potuto continuare per anni non lontano dal confine. Un giorno d'estate, senza molta pianificazione, presi la bici e decisi che arrivarci pedalando potesse essere un modo per tentare di capire cosa fosse stato quel conflitto e quali fossero i segni lasciati, quando le televisioni vanno via e non sene parla piu'. I dieci anni trascorsi non avevo cancellato il passaggio delle truppe, la distruzione portata dalla guerra. I segni della violenza e della sua stupidita' rimanevano li, nei campanili e minareti sventrati, nei campi minati, nei villaggi vuoti al confine con la Croazia, nei silenzi spettrali di vallate ormai spopolate.
Da Monstar la strada guadagna elevazione, si arriva in cima alle montagne che circondano la valle del fiume Miljacka e poi si scende fino ad arrivare in citta'. Arrivato a Sarajevo, onorai i chilometri fatti con una visita ad una pasticceria e poi decisi di andare a vedere subito cio' che rimaneva della vecchia biblioteca. L' armata Serba la distrusse con bombe incendiare all' inizio dell' assedio e per giorni Sarajevo rimase coperta di cenere e pagine di libri e manoscritti bruciate. I cecchini spararono sui vigili del fuoco accorsi sul posto e cosi' non si salvo niente del patrimonio librario dei Bosniaci (alcuni vecchi manoscritti pare sfuggirono alla distruzione e vennero venduti al mercato nero in cambio di armi). Non fu certo il gesto piu' crudele in cinque anni di assedio, eppure resta come un simbolo di cio' che furono quegli anni. Ancora mi chiedo come si sarebbe potuto evitare, se quella storia abbia insegnato qualcosa, quali e quante siano le Sarajevo abbondanate nel mondo. So la risposta e mi imbarazzo per la stupidita' umana.