Ara sa terra, massaju, ca est ora de arare...



mercoledì 2 novembre 2011

Indian Creek

Indian Creek. Guidando sulla statale 211 rimarrete senza
fiato di fronte alla sterminata distesa del canyon

Il sole sorge piano alla mia sinistra ma basta la poca luce dell' alba a fare splendere il bianco e il giallo del deserto. La strada e' una striscia nera, dritta verso sud, unico segno di civilta' e tempi moderni in mezzo alla radura. Potrebbero apparire gli indiani da un momento all' altro e non ne sarei stupito. Dopo dodici ore di guida sarebbe un diversivo alla noia della guida in solitaria. A tenermi sveglio una dosa massiccia di caffe, redbull e l' eccitazione di arrampicare ad Indian Creek.
Dopo quindici ore entro finalmente nel canyon e lo stupore per la bellezza che mi circonda quasi rischia di farmi uscire fuori strada. Giungo al posto dell' appuntamento mentre nello stesso momento arrivano i miei tre amici, due dal Sud della California e uno dal Colorado. In un' epoca di messaggini al telefono, rinunce all' ultimo minuto, continue chiamate al telefono anche per una semplice cena, un tale sincronismo mi mette subito di buon umore. Non ci siamo mai sentiti al telefono per dettagli e tutto e' stato deciso con due email, una settimana prima.

Io ho solo tre giorni, ma per una volta non apro nemmeno la guida, sicuro che ogni falesia e via sapra' ripagarmi del viaggio. Seguo i miei compagni nelle loro scelte e mi godo cosi' tra le piu' belle salite a vista della mia vita. Fessure parallele perfette e una roccia di arenaria rossa, liscia e senza appigli o tacche per i piedi. Tutto si gioca con pochi gesti e movimenti, ripetuti quaranta, cinquanta volte fino ad arrivare alla fine di ogni via. Basta respirare piano, prendere il ritmo e imparare a sentire una roccia che quasi sembra velluto. Il canyon e' una infinita distesa e sono forse migliaia le vie ancora inesplorate dentro le zone piu' remote e interne. Per chi ama gli strabiombi a canne o muri verticali a tacche, Indian Creek non e' il posto giusto... ma se anche per una sola volta siete stati affascinati dall' arrampicata in fessura, questo e' il posto dove prima o poi dovrete andare. La sola bellezza del paesaggi, i colori delle rocce, i profumi dei pochi cespugli, il cielo del deserto ripagheranno del viaggio in questo posto cosi' remoto.

Domenica sera ci lasciamo con Mike al distributore di benzina a Moab. Scherziamo sulle notre doti logistiche e sul tempismo perfetto del nostro incontro di Venerdi mattina. Ci siamo dati appuntamento per il prossimo anno in Alaska, per salire il "Cobra Pillar", ma magari un paio di chiamate al telefono in quel caso saranno pure necessarie...


Nota finale: la mia auto, risuscitata dalle sapienti mani di un meccanico (di quelli del tempo prima dell' elettronica), ce l' ha fatta a fare le duemila miglia del viaggio. Forse sara' l' ultimo pero'.
Nota tecnica: a Indian Creek non ci sono vie sotto il 5.10 e secondo me, pure per gli standard Americani, alcune gradazioni vanno prese con cautela.



Avvicinamento al Piston Whipped Wall. Ho dovuto usare il sacco da big wall
per trasportare sei serie complete di camelot.



Scelta del materiale, elemento cruciale su queste vie senza
o con pochi riposi. Qui mi preparo a salire la mia prima via
"No Name Crack" (5.10+) a Supercrack Buttress.
Via molto lunga con due sezioni large.
Avro'
abbastanza pezzi della stessa misura?



Colazione al campo base. Trovate di meglio?


Fin Wall. Tim sale una delle innumerevoli fessure
(Crapuccino 5.10+).
Sullo sfondo si vede chiaro il Wing gate.

2 commenti:

Alessio ha detto...

Molto bello il post e sopratutto le foto. L'unica cosa che mi rende un po' perplesso e' la frase "Tutto si gioca con pochi gesti e movimenti, ripetuti quaranta, cinquanta volte fino ad arrivare alla fine di ogni via.". Per come l'intendo io il bello dell'arrampicata e' proprio la varieta' dei gesti che servono per chiudere una via, il doversi adattare a situazioni diverse, il dover cercare prese nascoste, il dover risolvere un rompicapo motorio. Probabilmente sbaglio io o e' solo questione di gusti.
(Poi comunque detto da uno che arrampica sempre vie chiodate...)

leonardo ha detto...

Ad Indian Creeck, almeno nel 90 % della limitata selezione di vie che ho salito, il piu' delle volte non hai bisogno di leggere la roccia o di capira la sequenza di movimenti. Un incastro di mano e' piu' o meno sempre uguale, soprattutto se la geometria della via non cambia per trenta metri. In questo IC e' molto diverso da Yosemite, dove invece "route finding" e lettura della via sono fondamentali.
Il fascino del posto e del tipo di arrampicata, sta proprio nella geometria delle linee e nel fatto che devi sapere fare molto bene alcuni gesti per evitare di cadere... il fatto di mettere le protezioni e' un dettaglio in questo caso: e' cosi facile che alcuni chiamano IC sport-trad area!