Il Maestro Vittorio de Seta e' morto giorni fa (il 28 Novembre) all' eta' di ottantasette anni. Ci si ricorda spesso degli artisti nel giorno del loro funerale e negli epitaffi ci si lamenta magari dell' oblio a cui sono stati condannati negli ultimi anni della loro vita. Ovviamente a de Seta non e' stata risparmiata questa rettorica.
Non ho visto tutte le sue opere, ma il suo capolavoro "Banditi ad Orgosolo" rimane uno dei miei film preferiti di sempre. Lo avevo riguardato mesi fa', spinto da un fatto di vita quotidiana che poco c'entra con la Sardegna. Mentre viaggiavo in auto mi capito' di passare in una riserva Indiana, di quelle che ora sopravvivono grazie al gioco d' azzardo e ai negozi di amuleti, unica vestigia della loro storia passata. Rimane infatti poco di cio' che fu la Nazione Indiana, della loro immensa cultura naturalistica, cucina, religione, relazioni sociali. Un senso di profonda tristezza mi assale ogni volta che vedo uno di quei cartelli dell' amministrazione federale, che ricorda che li' c'era stata una tribu'. Tornato a casa, per un ovvio riflesso psicologico, ho pensato che riguardare il film di de Seta fosse il giusto omaggio per tutte le tribu' scomparse.
Non per la trama, ma per l' atmosfera che ogni scena e immagine sa trasmettere. Mentre guardo il film quasi percepisco l' odore della macchia, del fumo di legna bagnata, sento quasi come reali i silenzi di quegli spazi aperti e primitivi che solo in Sardegna ho trovato. Potere di un uso magistrale della camera da presa e di un senso profondo di nostalgia. Nostalgia per qualcosa che forse non ho mai conosciuto, un' immagine di costumi ancestrali che, nel bene e nel male, non esistono piu', spazzati via dalla modernita' senza poi la Sardegna diventare totalmente moderna.
Il mio non e' un rimpianto reazionario per i tempi in cui si era "poveri ma puri e belli", di pasoliniana memoria. E' un sentimento di occasione persa, che viene da una persona che ha speso tutta la sua vita da adulto fuori dalla Sardegna osservandone dall' esterno i cambiamenti avvenuti in soli quindici anni, quando ormai la storia aveva gia' fatto il suo corso. Mi chiedo pero' cosa sia rimasto intatto, cosa si possa riusare senza cadere nella trappola del folklore da cartolina o della visione idealizzata della tradizione. Mi interrogo se abbia ancora senso pensare alla Sardegna come un posto unico e non sia invece il caso di abbandonare ogni resistenza, piegandosi al corso della storia. Diventare semplicemente un' isola, un pezzo di terra in mezzo al mare, senza tante storie e orpelli intorno. Ma forse questi sono vani interrogativi, soprattutto da chi non ha avuto l' occasione (o il coraggio) di restare e provare a capire cio' che rimane...
1 commento:
http://www.youtube.com/watch?v=r1UEY5joGBs
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